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Il Circolo Culturale Prenestino Roberto Simeoni, continua a parlare del Festival di Cannes, dopo l’esposizione dei manifesti originali del Festival, organizzata da Timoteo Salomone, proiettando presso la sala della Trifora di Palazzo Barberini a partire da Lunedi 10 alle ore 18, 30 quattro film italiani vincitori a Cannes: Miracolo a Milano, Due soldi di speranza, La dolce vita, Bow-Up.

Si inizia con “Miracolo a Milano” un film diel 1951 diretto da Vittorio de Sica, tratto romanzo Totò il buono di Zavattini, di cui è stato sceneggiatore insieme ad Antonio de Curtis (Totò), nel 1943.

Il film presentato al Festival di Cannes nel 1951 vinse la Palma d’oro, il nastro d’argento per la miglior scenografia e miglior film straniero.

Ci basta una capanna
per vivere e dormir
ci basta un po’ di terra
per vivere e morir.
Dateci un po’ di scarpe
le calze e anche il pan
a queste condizioni
crediamo nel doman.
“Inno” dei barboni di Miracolo a Milano

Lolotta, una brava donna, trova sotto un cavolo un bel bambino a cui darà nome Totò. Un orfanello che prima verrà adottato e poi quando Lolotta muore, affidato ad un orfanotrofio. Ma nell’Italia del dopoguerra per un trovatello il mondo dei poveri è un destino e la periferia delle baracche milanesi sarà la sua casa. Le baracche alla periferia delle città sono uno skyline consueto nell’Italia prima della miseria e poi del boom economico. Ma in quel mondo non c’è solo povertà. E Totò verrà accolto e amato come solo i poveri sanno fare. Totò sa farsi amare e passando attraverso un brutta storia di avidità e possesso (la scoperta di un pozzo di petrolio sul terreno della baraccopoli) riuscirà con l’aiuto dal cielo di mamma Lolotta, che invia a Totò una colomba bianca, a liberarli e a dargli una prospettiva di speranza. E in un’Italia dalle forte contrapposizioni ideologiche (capitalismo contro comunismo e per rimanere nel nostro Paese democristiani contro comunisti) l’ultima scena vede i poveri su manici di scopa ascendere al cielo  “verso un regno dove buongiorno vuol dire veramente buongiorno”. E’ una chiara presa di posizione di un regista che fa una precisa scelta di campo. La ascesa poi sarà ripresa nell’episodio delle biciclette volanti dello Spielberg di E.T., 1982.

Essere dalla parte dei poveri, in un’Italia attraversata dallo scontro di classe (borghesia contro classe operaia), scegliere di parlare di poveri, diseredati, di ultimi è una scelta preferenziale che espose il regista ad aspre critiche una selta che poi la storia si è incaricata di riabilitare se un papa mette la sua Chiesa al servizio dei poveri “opzione preferenziale dei poveri” e a distanza di oltre sessant’anni, in un’Italia molto cambiata, ancora si torna a parlare di povertà e di poveri.

Essere comunità (la baraccopoli e l’ascesa verso il cielo) ha un valore politico perché come poi direbbe don Milani ““Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia.”

Il film legge la realtà dell’epoca attraverso un umanesimo cristiano e socialista contro un rivoluzionarismo di classe che i sottoproletari del film non dimostrarono di avere (per questo, forse, in Unione Sovietica il film fu vietato), se i poveri attraverso la metafora delle “scope volanti” volgono lo sguardo verso l’Alto, come a voler rifiutare la società e i suoi sistemi in cerca di un luogo in cui “buon gior­no vuol dire ve­ra­men­te buon gior­no”, coniugando in quell’umanesimo la solidarietà, la fratellanza, l’uguaglianza con il principio cristiano delle beatitudini “beati i poveri in spirito perché di essi sarà il regno dei cieli” e che farà dire all’arcivescovo brasiliano Hélder Câmara: se si dà un pane a una persona affamata, si dice che si è santi; mentre, se si chiede perché una persona ha fame, si dice che si è comunisti.

“Miracolo a Milano”, sebbene siano passati oltre sessant’anni, dimostra ancora tutta la sua attualità mettendo al centro “i poveri” una classe sociale che purtroppo è ritornata ad essere centrale nel dibattito politico, tant’è che oggi da parte di molti non si parla più in termini di lotta di classe ma tra i tanti che non hanno contro i pochi che detengono ricchezza e potere, tra un mondo ricco ed egoista che chiude le sue frontiere e un mondo di moltitudini di uomini e donne che per sfuggire alla miseria e alla guerra volano non su manici di scopa ma sulle carrette del mare.

Roberto Papa

 

 

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