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“Vi sia un’unica legge per il nativo del paese e per lo straniero che soggiorna in mezzo a voi”.(Esodo, 12, 49)

La Prefettura di Roma a febbraio ha emanato un bando per l’accoglienza di 3.185 richiedenti asilo per un costo complessivo di 27 milioni e 300 mila euro da distribuire sulla base di sei lotti – corrispondenti ai territori ASL – in vari comuni di Roma e Provincia. Palestrina, insieme, fra gli altri, a Colleferro, Cave, Pisoniano, Guidonia – comuni dove risulterebbero già arrivati i migranti – fa parte del lotto 6 (ASL RMG) che prevede un numero posti pari a 398 persone per un costo complessivo di euro 3.412.850 da erogare fino al 31 dicembre 2015.

Tra i partecipanti al bando la parte del leone per quanto riguarda la gestione se le è attribuita il raggruppamento temporaneo d’impresa Tre Fontane e Senis Hospes, che si è aggiudicato anche il 6 lotto e che quindi dovrebbe gestire l’accoglienza dei migranti a Palestrina.

Martedì scorso nell’aula consiliare del Comune si è svolto un incontro con al centro il probabile arrivo di circa 100 migranti, e di cui il consigliere del Movimento 5 Stelle Andrea Saladino, sulle pagine di questo giornale, ha fornito alcune notizie .

Ovviamente è stato un incontro “riservato” da cui sono filtrate poche informazioni “ufficiali”, forse per il “comprensibile” timore di reazioni “negative” da parte della cittadinanza, così come sta accadendo nei diversi paesi che hanno già visto aprire case di seconda accoglienza: ultimo in ordine di tempo il Comune di Marino dove la mobilitazione anti-migranti è portata avanti dall’ex sindaco e ora consigliere regionale di Forza Italia.
L’atteggiamento fin qui tenuto da chi amministra è stato di mezze verità, di silenzio verso i i cittadini, un silenzio che non fa che alimentare paure, resistenze e chiacchiere. E per dirla con Papa Francesco:
«Ma, per favore, che non ci sia fra voi il terrorismo delle chiacchiere! Cacciatelo via! Ci sia fraternità! E se tu hai qualcosa contro il fratello, glielo dici in faccia… Alcune volte finirai a pugni, non è un problema: è meglio questo che il terrorismo delle chiacchiere».

Il poeta greco Costantino Kavafis nella poesia “I Barbari” ben coglie il senso di questa “inerzia”:

Che aspettiamo, raccolti nella piazza?
Oggi arrivano i barbari.
Perché mai tanta inerzia in Senato?
E perché i senatori siedono e non fan leggi?
Oggi arrivano i barbari.
Che leggi devon fare i senatori?
Quando verranno le faranno i barbari.

I “barbari” cioè coloro che parlano un’altra lingua diversa dalla nostra e che vengono da fuori dei nostri confini nazionali rappresentano nell’immaginario cittadino la forza che porterà disordine, violenza, malattie. E allora quale è la principale preoccupazione di chi governa questa città? Tutto si può riassumere in una parola “ordine pubblico”. Sì perché questa massa di disperati che affrontano un lungo viaggio fatto di soprusi e a rischio morte non sono persone che chiedono di essere accolte, ma “barbari”, appunto,che vengono a rompere la nostra quotidiana tranquillità e le nostre sicurezze. Si ripete quindi un copione già visto: l’immigrazione come emergenza e non come un fenomeno costante degli ultimi decenni a prescindere dalle guerre, dalle crisi politiche e climatiche.
Chi ricorda più il Vlora? Era l’8 agosto 1991 quando al porto di Bari attraccò la nave mercantile Vlora che trasportava circa 20.000 migranti albanesi senza permesso. Di questa storia è rimasto il bel film “La nave dolce” di Daniele Vicari, “dolce” perché la nave serviva a trasportare zucchero.
Oggi la storia si ripete. Dall’inizio dell’anno sono 40.000 i richiedenti asilo giunti in Italia e nel solo mese di maggio ne sono arrivati via mare 12.460. La maggior parte proviene da Eritrea (50% cristiani e 48% musulmani), Etiopia (62% cristiani e 33% musulmani), Somalia (99% musulmani), Siria (90% musulmani e 10% cristiani), Nigeria (51% musulmani e 48% cristiani) e Gambia (musulmani 94%) ed è partita dalla Libia.
Ma perché vengono in Europa. La risposta sta tutta in una parola: democrazia. L’Europa pur con tutti i suoi limiti risponde a questa domanda di condivisione economica e di diritti. E’ di questi giorni che il dittatore del Gambia ha condannato alla decapitazione gli omosessuali. Noi Europei ed in particolare noi Italiani, che dovremmo essere orgogliosi dei nostri livelli di democrazia sociale e politica, siamo invece troppo impegnati a piangerci addosso, a guardare l’uno nell’ombelico dell’altro. Purtroppo i cittadini italiani non sono che lo specchio riflesso della sua classe dirigente intrisa di provincialismo e corruzione.
Prima di parlare di respingimenti o al peggio di affondamento dei barconi carichi di disperazione, dovremmo chiederci perché milioni di persone,rischiando, danno vita a imponenti migrazioni (ieri verso i paesi d’America) oggi verso l’Europa provenienti dall’Africa e dal vicino oriente. Le classi dirigenti europee dovrebbero esaminarne a fondo le cause, spesso originate dalle politiche neocoloniali dell’800/’900 fino alle cause dei cambiamenti climatici e che spesso coinvolgono le loro responsabilità sia del passato (come la Somalia ed Eritrea per noi italiani) sia del presente (la Siria destabilizzata dalle potenze occidentali per eliminare il presidente Baššār al-Asad, nel quadro delle “primavere arabe”. Dalla Siria sono in fuga 7,6 milioni di persone, un record!

Ora che il problema è arrivato nel nostro cortile, i cittadini, affetti da sindrome NIMBY, alzano muri gridando “Not In My Back Yard ( “Non nel mio cortile”). Sta accadendo a Guidonia, a Pisoniano, a Colleferro a Cave a San Vito Romano, a Marino…….e Palestrina?

Le chiacchiere, appunto, e i silenzi non fanno altro che avvalorare la tesi che i migranti siano solo un problema di “ordine pubblico”, dimenticando però che dietro la parola migrante ci sono persone con le loro storia di vita, nuclei famigliari spesso divisi dalla violenza e dalla guerra, persone che prima di sbarcare sulle nostre coste hanno affrontato difficili viaggi attraverso il deserto prima e il mare poi. Persone che durante il lungo trasferimento, costato migliaia di dollari e spesso di violenze fisiche e psicologiche, sono state vendute più volte ai trafficanti di vite umane e spesso, se donne, violentate.
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Ma una volta arrivati in Italia spetta alle nostre comunità accoglierli e garantire loro “un’accoglienza integrata” basata su di un progetto di integrazione personale finalizzato al recupero dell’autonomia sociale, relazionale ed economica. Accogliere vuol dire non solo offrire vitto e alloggio ma accompagnarli alla conoscenza del territorio e all’effettivo accesso ai servizi locali (assistenza socio-sanitaria, apprendimento dell’italiano, avviamento al lavoro).
Particolare attenzione dovrà essere posta alla sensibilità culturale, sociale e religiosa degli ospiti: differenziazione dei locali e/o percorsi per uomini e donne in caso di musulmani (la donna deve essere visitata solo da personale femminile), rispetto religioso delle singole componenti (musulmani pregano separatamente), ecc.
La permanenza nelle strutture di “seconda accoglienza”, quella che si dovrebbe fornire a Palestrina, va fino al compimento della maggiore età per i minori, mentre per gli adulti fino a sei mesi dopo la notifica del riconoscimento della protezione da parte della Commissione Territoriale competente.

Uno degli argomenti che maggiormente appassiona i cittadini che debbono accogliere queste persone è l’aspetto economico. Troppe bufale vengono fatte circolare. I migranti ricevono a valere sui 35 euro se adulti e 80/100 se minori non accompagnati che vengono dati alla cooperativa di gestione, solo 2,5 euro al giorno (il c.d. pocket money) e al momento dell’arrivo una tessera telefonica prepagata di 15 euro. Quindi è la cooperativa che prende i soldi che fanno parte del Fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo che la legge di stabilità 2015 ha portato a 187,5 milioni di euro. Tutte le spese dall’affitto della struttura al vitto e alloggio e ai servizi previsti nel bando sono a carico della cooperativa a fronte dei 35 euro che riceve.

Intorno alla solidarietà girano molti soldi e quindi il rischio che un nobile principio si trasformi in un business è elevato. Il caso di Mafia Capitale ce lo sta a ricordare “Con gli immigrati si fanno molti più soldi che con la droga” è diventata una frase cult di un film che ha visto Roma come location e le coop sociali rosse fare affari con i neri che – per alcuni dei personaggi coinvolti – ci hanno riportato indietro negli anni, all’epopea della Banda della Magliana.
La “shock doctrine”, per usare una felice espressione dell’economista Naomi Klein, ovvero presentare i fenomeni come emergenze, permette poi di non andare tanto per il sottile sia per quanto riguarda la qualità dei servizi offerti, la biografia di chi li fornisce i servizi che la gestione dei controlli.

  • Sui servizi offerti un escamotage è quello di non avvisare la prefettura se il rifugiato lascia la struttura……lucrando così sulla diaria giornaliera
  • Sulla biografia spesso non si indaga da chi è controllata, se è stata lambita da indagini tipo “mafia capitale” se a capo vi siano personaggi chiacchierati ecc.
  • Sul vitto invece di dare cibi di qualità come prevede il bando di gara, si offrono agli ospiti cibi scadenti se non scaduti.
  • Sui controlli: sono le amministrazioni in grado per capacità e personale di sviluppare controlli sulla gestione?
    A questo proposito scrive Saladino “….dalla riunione di martedì è emerso, sempre in maniera fumosa, che l’assistenza ai rifugiati verrà gestita da una cooperativa, scelta e valutata nell’operato dalla Prefettura. Comune, Croce Rossa, Caritas, associazioni, saremo tutti tagliati fuori dai momenti decisionali e di controllo”.

Ultimo problema ma non per importanza è la questione del lavoro da parte dei migranti. Fino a quando non ottengono i documenti queste persone non possono lavorare. Ma accogliere significa anche restituire alla comunità che accoglie, non certo sotto forma di lavoro “gratuito”, ma ricercando forme di volontariato che faccia superare attese vuote e spesso snervanti in un’ottica di restituzione e di dono di sé come primo passo verso l’integrazione con la costruzione di legami e di amicizie. Integrare vuol dire condividere valori e impegnarsi verso una comunità che potrebbe in un futuro diventare anche la casa dove vivere e fare famiglia.
Restituire alla comunità che ti accoglie può essere anche motivo per mettere a tacere le “chiacchiere” che vedono nell’accoglienza solo uno spreco di risorse ed il migrante come un favorito rispetto all’italiano.

…perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto (Matteo 25,35)

Roberto Papa

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