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Invasione! è questa la parola che sempre più spesso sentiamo “gridata” dai media (non tutti per fortuna) quando parliamo di stranieri in Italia. Ma è davvero così?

Al 1 gennaio 2016 gli stranieri residenti in Italia erano 5.026.153, pari all’8,3% della popolazione. Di questi: 1.517.023 sono gli stranieri di altri paesi dell’Unione Europea, mentre i cosiddetti extra-comunitari sono 3.508.429 (5,8% della popolazione).

Le comunità straniere maggiormente presenti nel nostro paese sono quelle provenienti dalla Romania (22,9% sul totale stranieri), Albania (9,3%), Marocco 8,7%, Cina 5,4%, e a seguire tutte le altre.

E allora perché stiamo assistendo in Parlamento ad una vera e propria battaglia su una legge di civiltà giuridica quale è quella della “riforma della cittadinanza” (che modifica la precedente legge n. 91 del 1992) impropriamente detta “Ius soli temperato”, che si propone di dare la cittadinanza italiana a chi, nato o residente da lungo tempo sul nostro suolo, aspetta di essere finalmente riconosciuto nei suoi diritti e doveri come un qualunque altro cittadino italiano, sanando quella anomalia che invece riconosce la cittadinanza ai figli degli emigrati italiani che ormai risiedono all’estero per effetto dello “ius sanguinis”.

Schermaglie di bassa politica, anche in vista di future elezioni amministrative e/o politiche, fanno appunto gridare all’invasione ma che in realtà nascondono la paura dell’altro quando non un vero sentire xenofobo. Ma chi sono questi stranieri? spesso amici o compagni di scuola dei nostri figli o nipoti nati da genitori che da lungo tempo vivono e lavorano in Italia, dove pagano le tasse e i contributi previdenziali, che, non dimentichiamolo, servono molto spesso a pagare le nostre pensioni. E poi come si fa a sostenere che la crescita del numero di cittadini italiani comporterebbe un aumento delle tasse? O se guardiamo alla sicurezza, come possiamo pensare che chi siede a scuola accanto ai nostri figli siano tutti potenziali terroristi, portatori di valori e culture incompatibili con la nostra Costituzione e con la fede e cultura cristiana della maggioranza della popolazione. La comunità più numerosa, il 30%, è quella proveniente dalla Romania che sono cittadini comunitari, per la maggioranza cristiani ortodossi. Ma anche se fossero musulmani, che ricordiamolo è pur sempre una religione abramitica, avremmo il coraggio di dire al bambino amico di nostro figlio, a cui non interessa né il colore della pelle né la religione che professa, arrivato a 18 anni, “grazie, ritornatene al tuo paese” dopo che magari abbiamo investito su di lui fondi per la sua istruzione? e magari scoprire che il 9,4% delle imprese in Italia sono condotte da stranieri?

Un altro mantra che sentiamo spesso è quello del “aiutiamoli a casa loro”. L’Italia oggi investe circa 4 miliardi di euro in Aiuti Pubblici allo Sviluppo (0,22% del Pil), mentre le Nazioni Unite fissano l’obiettivo allo 0,70 del PIL. Ma, e qui sta la sorpresa, i nostri immigrati inviano ai loro paesi di origine bel 5 miliardi di euro (0,30% del PIL). Cifre che dimostrano che sono gli stessi immigrati che si aiutano da soli. E allora cosa fa scattare un riflesso da un lato identitario (prima gli italiani) e dall’altro xenofobo (la paura di ogni diversità) che fa si che si additi lo straniero come nemico, portatore di valori antitetici ai nostri: pensiamo alla questione del velo o da ultimo al coltello quale simbolo identitario della cultura sik. E’ una domanda che più che dalla paura dell’altro, nasce dall’ignoranza dell’altro, della sua storia, cultura, tradizioni e oggi dall’ignoranza della proposta di legge in discussione. E allora vediamola in dettaglio.

CHI NASCE IN ITALIA (Ius soli temperato)

Un bambino nato in Italia da genitori stranieri è cittadino italiano se, almeno uno dei due, è titolare del diritto di soggiorno permanente (se comunitario) o in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ( permesso questo che può essere richiesto solo da chi possiede un permesso di soggiorno da almeno 5 anni, ha un reddito minimo non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, la disponibilità di alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge ed il superamento di un test di conoscenza della lingua italiana.

CHI NASCE IN ITALIA O ALL’ESTERO ED ENTRA IN ITALIA ENTRO IL 12 ANNO DI ETA’ (Ius culturae)

Il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età  che ha frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale, acquista la cittadinanza italiana. Nel caso in cui la frequenza riguardi il corso di istruzione primaria, è altresì necessaria la conclusione positiva del corso medesimo.

PER TUTTI

La cittadinanza si acquisisce a seguito di dichiarazione di volontà espressa entro il compimento della maggiore età da chi esercita la patria potestà. Qualora non sia stata resa la dichiarazione di volontà, l’interessato compiuta la maggiore età ha tempo due anni per richiederla. Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età , l’interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro due anni dalla suddetta data.

I POTENZIALI “NUOVI ITALIANI”

All’approvazione definitiva della legge potrebbero diventare da subito “nuovi italiani” 800.600 (di cui 634.592 per ius soli temperato, perché nati da madri residenti in Italia da oltre cinque anni, e 166.008 per ius culturae, perché hanno completato i 5 anni di scuola in Italia). Si prevede inoltre che ogni anno circa 40-50.000 siano i “nuovi italiani” nati da genitori lungo-soggiornanti e 10-12.000 siano quelli nati all’estero e che abbiano studiato in Italia per cinque anni.

LA CURIOSITA’

Già oggi si può diventare cittadino italiano per “ius soli”: quando si nasce in Italia da genitori ignoti o apolidi o impossibilitati a trasmettere al soggetto la propria cittadinanza secondo la legge dello Stato di provenienza o nel caso di un soggetto che sia figlio di ignoti ed è trovato nel territorio italiano.

BENVENUTI, NUOVI ITALIANI

La gazzarra che l’aula della Camera ci ha mostrato in questi giorni ci rimanda all’immagine di un paese diviso che trova nello straniero lo sfogo che non si sa quanto convinto o strumentale. “Convinto” perché poggia il ragionamento su quella filosofia trumpiana del “prima gli italiani” fatta di muri e di paure, “strumentale” perché ispirato da puro tornaconto elettorale. perché come a ricordato Don Paolo Lojudice, vescovo ausiliare di Roma: “Su questi temi si vincono o si perdono le elezioni. E’ tristissimo, penoso, però è così”. Di fronte a questi scenari ci viene da chiederci: chi è davvero lo straniero?

(Nb: le informazioni statistiche sono state ricavate da studi condotti dalla Fondazione Moressa e Ismu).

ROBERTO PAPA
Responsabile Pastorale Sociale
Diocesi di Palestrina

 

 

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