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Dal responsabile della Pastorale Sociale e del Lavoro ci giunge una riflessione sul “caso Charlie” che vuole anche essere un invito alla discussione qui sul nostro giornale.

La pubblichiamo integralmente invitando i nostri lettori a farci avere le proprie impressioni e creare un dibattito tra la popolazione su un tema delicato come quello del diritto alla vita.

Ecco il comunicato ricevuto:

“Cronaca di una morte annunciata” (il bellissimo titolo di un libro di Gabriel Garcia Marquez) potrebbe essere l’incipit della storia sul caso “serio” di Charlie Gard.

Io non mi addentrerò nel territorio medico-legale, altri sapranno farlo meglio di me, perché non ne sarei capace, rimango invece su un terreno etico e sociale che più mi si addicono.

Parto dal tweet di Papa Francesco:

“Difendere la vita umana soprattutto quando è ferita dalla malattia è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo”

Ecco, il punto centrale è detto in due parole: “vita umana”. Quindi non solo “vita” quale insieme di cellule, perché anche un robot “vive” cioè si muove, agisce, ora anche “parla”. L’attenzione va tutta su “umano” che è un di più e un oltre di una semplice macchina. Pensiero, sentimenti, reazioni alla gioia e al dolore fanno di una macchina perfetta (quale è un corpo) una persona. E Charlie anche se in costruendo è una persona nata “imperfetta” ma non per questo tale da essere rifiutata e scartata.

La malattia che lo ha colpito – nel mondo sembra ce ne siano altre 16 di persone affette – è certamente rara ma quante altre malattie oggi curabili erano all’inizio rare. Certo se valutiamo con il metro economicistico dei costi-benefici riducendo la “persona” a “merce” (lo è, ad esempio, nella maternità surrogata, o nelle schiave di prostituzione, dove la persona diviene valore di scambio: merce contro denaro) la possiamo considerare una merce “difettosa” e quindi tale da essere scartata nella catena di montaggio dal processo di produzione capitalistico. Una merce priva di valore, non monetizzabile dunque non trasformabile in futura forza lavoro, è una merce non utile al processo produttivo. Ma se vediamo a Charlie come “persona” priva di un suo “valore di scambio” ma semplicemente come “valore di uso”, dove l’utilità della persona è nella persona stessa, allora la sua vita, sebbene imperfetta, è comunque preziosa come qualunque altra vita, e la preziosità discende dall’essere un “dono” che Dio, per chi crede, ovvero la natura, per chi non crede, ha regalato all’umanità o semplicemente a una madre e a un padre che in quel bambino vedono concretizzarsi la loro storia d’amore, di un amore ancora più forte perché legato al dolore dell’imperfezione.

E sull’imperfezione umana oggi nel mondo centri di ricerca stanno ad esempio lavorando sugli embrioni umani modificandoli geneticamente: è quella che viene chiamata ingegneria genetica. Purtroppo però chi ci lavora sono le case farmaceutiche. Una ricerca finanziata del pubblico e quindi fuori dalla logica del profitto è inesistente. La conseguenza è che la ricerca si sviluppa su quelle malattie che possono generare profitti e 16 persone non sono “profittevoli”. Due genitori però con il crowfunding riescono a raccogliere un milione e mezzo di sterline per tentare una cura sperimentale che, è vero, al momento effettuata solo su topi (ma tutte le ricerche partono da questi simpatici animaletti). E se anche solo per aiutare la ricerca, quei genitori avessero voluto “sacrificare” Charlie, offrendoglielo, il loro sarebbe stato comunque un gesto d’amore a vantaggio deggli altri 15 “imperfetti”, ed è po’ quello che accade con la donazione di organi.

Oggi possiamo costruire in laboratorio l’uomo (è una prospettiva che atterrisce, ma l’uomo “odisseo” è alla continua ricerca di varcare il limite), e allora perché non è possibile “costruirne” uno migliore. Partendo da materiale imperfetto con l’editing genetico si tagliano parti difettose del codice e si sostituiscono con parti sane, una specie di “taglia e incolla genetico”.

Ma tutto questo ha un costo e solo se alla fine del processo l’industria genetica ottiene un profitto allora la “cura” da sperimentale può diventare di “massa”. Purtroppo per Charlie e per quelli come lui la sua imperfezione non è tale da generare profitto.

La lezione del “caso serio di Charlie” porta alcune conseguenze. Basare la selezione dei sani sulla base di leggi economiche ci fa avviare verso una società dei “più sani e più belli” dove si valuterà la vita di un handicappato grave, malato di Alzheimer, malato mentale, sulla base di quanto costa alla società e se questa sia in grado di sostenerne la spesa……..Ma non può essere questa la speranza che la misericordia cristiana ci racconta attraverso il mistero della Croce. E non può esserlo anche dal punto di vista laico per chi richiamandosi alla Costituzione si appelli al diritto alla vita, quale diritto inviolabile dell’uomo, dove all’art. 2 dice:

“La Repubblica tutela i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità…”. Il diritto alla vita è un diritto connaturato alla natura umana e in quanto tale antecedente ad ogni riconoscimento normativo. Gli antichi greci già avevano affrontato questo tema delicato nel dramma di Antigone e Creonte: la contrapposizione tra legge e diritto umano. Ed è da lì che dobbiamo ripartire

E per concludere c’è da sottolineare il silenzio sul web dei tanti pronti a piangere, giustamente, per un bambino che muore nei nostri mari, vittima del nostro egoismo e delle nostre paure, che dimostra tutta la nostra ipocrisia. La vita è un valore assoluto da difendere sempre. A maggior ragione la vita di un bambino che spetta difendere ai genitori che l’hanno generato e su cui nessun tribunale umano ha il potere di decretarne la morte. Uomini che staccheranno la spina come altri uomini impiccarono Geordie “con una corda d’oro” (de Andre’) ovvero con una falsa Misericordia di una scienza sempre meno umana e sempre più tecnologica che non sa confrontarsi con il mistero del dolore.

“Il privilegio raro” non è quello di uccidere seppure con una corda d’ora per non soffrire , ma quello di vivere, anche se imperfetti, circondato dall’amore dei genitori e dalla solidarietà e fratellanza (beni comuni sempre più rari) degli uomini. A noi non resta che il silenzio e per chi crede pregare nel Dio della Misericordia che ha dato la sua vita sulla Croce.

Roberto Papa
Responsabile Pastorale Sociale e Lavoro

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