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 Tanto è piena di tensioni, di apprensioni, talora di paure l’attesa di un bimbo, tanto, e molto di più, è piena di gioia la sua nascita. Anche Maria ha provato questa decisiva esperienza della maternità e ora l’attenzione va sul bambino. Dopo i primi complimenti alla mamma l’attenzione va su di lui. Partorì, lo fasciò, lo sdraiò. E Lui, ora c’è, si fa sentire, si presenta, attira l’attenzione, si crea il suo spazio. Ha sempre bisogno dell’amore di tutti, dei suoi genitori soprattutto, ma ora è una nuova vita. E Gesù è la nuova vita per noi. Il vangelo di Giovanni userà parole più severe: il verbo si è fatto carne, ma tutti gli evangelisti dicono e tentano di farci capire la grandezza di quello che una scena così umana ci permette di contemplare.

Vescovo

A noi non basta lasciarci commuovere da un bambino che nasce; serve anche la commozione, ma la nostra fede vuole che andiamo oltre, che vediamo in trasparenza la nostra storia, la storia dell’uomo, la storia del mondo. Non siamo soli. Dio è con Noi. Questo bambino è il figlio di Dio, è la pienezza cui aspira da sempre la nostra vita. E’ una speranza nuova, è il seme di una umanità che si può riscattare, è il principio e la fine, è il Signore dei signori, è il creatore.

Potremmo sembrare pazzi, ingenui a caricare una scena così idilliaca di questi numerosi significati; infatti la cultura occidentale si sta stancando del Natale, della grotta, del bambinello, preferisce non fare menzione di nessuna nascita, le basta un albero, un vecchio vestito di rosso; presepio è parola ormai non politicamente corretta, ma non a Palestrina, dove la scuola per presepi è florida e dove si è anche inaugurato un museo dei presepi proprio quest’anno.

Noi siamo testardi, non ci interessa niente delle mode, non ci dispiace scandalizzare, passare per ritardati, vogliamo guardare a quel bambino e vedervi il sorriso di Dio, leggergli sulle labbra le parole dell’amore di Dio. Noi credenti in questo bambino adoriamo il nostro creatore, sappiamo di stare a cuore a Dio, sappiamo che la nostra storia, non è una accozzaglia di avvenimenti, ma è un tessuto di relazioni d’amore.

PRESEPE 3

E non siamo senza ragione, perché la vera ragione si è fatta carne, contro tutte le semplificazioni della ragione umana che non riesce più a farsi un pensiero su Dio, sull’eternità, sulla morte, perché riesce a tradurre in pensiero solo quello che vede e tocca e lo assolutizza. In questo modo viene meno anche a un minimo di riserva che deve mantenere nei confronti della conoscenza della realtà. Neppure questa la puoi mettere in tasca, la puoi possedere, la rappresenti solo. Ma quello che è più importante nella vita degli uomini è sempre invisibile agli occhi.

PRESEPE 2

Credere non è vendere l’intelligenza all’ammasso. Natale non significa che stiamo dando una benevola concessione alle nostre tradizioni, ma che stiamo facendo un gesto all’altezza di tutte le cattedre di filosofia, alla pari delle ricerche di matematica, è più vero e giustificabile di una teoria fisica. Noi purtroppo ci vergogniamo del vangelo; non confondetelo con i nostri difetti, con le nostre fragilità della vita ecclesiale, con le infedeltà di tutti noi cristiani; Purtroppo crediamo che la fede sia una debolezza razionale, la riduciamo ad alcuni racconti che abbiamo sentito tanti anni fa quando andavamo al catechismo. Le abbiamo dato una veste da neonato e crediamo che ci possa ancora difendere dal freddo di questo mondo gelato dallo sfruttamento e dalla ceca ragione dei profitti. Papa Francesco ci invita continuamente ad andare oltre a non fissare l’esperienza di fede ai telegiornali o ai talk show, ad allargare lo spazio del cuore e a vedere i poveri in questo bambinello.

PRESEPE 1

Credere non è un atto di debolezza, ma affidare consapevoli alla debolezza di questo bambino, di un seme, di una Parola la chiave della vita e la sua forza invincibile.

+ Domenico Sigalini

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