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Fino a pochi giorni fa “le nigeriane” erano solo quelle ragazze che vediamo sulle strade delle nostre città sfruttate e schiavizzate per la maggior parte da noi bianchi e civili.

Oggi la parola Nigeria è sulla bocca di tutti, magari molti non sanno neppure in quale parte dell’Africa si trovi e che ha 190 milioni di abitanti, tre volte l’Italia o se preferite la popolazione di Italia, Francia e Germania unite.

Poi improvvisamente scopriamo una Paola Egonu, un’afroitaliana che ci fa sognare.

Ebbene Paola Egonu, l’ha detto lei, si sente italiana come si sente nigeriana, perché dalla Nigeria viene la storia della sua famiglia, lei che oggi rappresenta la seconda generazione immigrata. Un’origine che rivendica con orgoglio, come con orgoglio si sente italiana. Proviene da una famiglia, papà Ambi e mamma Sundey, di profonda religiosità tant’è che non porterà mai nessun tatuaggio perché considera il corpo un dono di Dio. Ogni due anni torna in Nigeria a trovare il nonno,il vero capofamiglia, un nonno che non ha mai accettato quei pantaloncini troppo corti.

Lei, nigeriana, come altre donne nigeriane ma che non fanno notizia.

Come Blessing Okoedion, una donna uscita dalla tratta, che con casa Rut di Salerno aiuta le sue sorelle schiavizzate e che ha raccontato la sua storia nel libro “Il coraggio della libertà”. O come cinque ragazze nigeriane che hanno vinto il premio “Technovation Challenge”dedicato alla invenzioni tecnologiche delle under 18, una app che attraverso la scannerizzazione del codice a barre individua medicinali contraffatti o scaduti, una pratica questa molto diffusa in Nigeria.

Nigeriane come Paola Egonu. Come nigeriane sono quelle oltre 5.000 donne, molte minorenni, che sono arrivate nel 2017 in Italia via mare e che vediamo ai bordi delle strade. Un brutto spettacolo certo e allora togliamole dalla nostra vista. Ragazze che fruttano alla criminalità italo-nigeriana migliaia di euro. Ragazze mute perché non devono conoscere l’italiano,ma poche parole, quelle che servono per il “lavoro”. E perché in caso di retate della polizia il silenzio è d’oro. Come d’oro sarebbe stata la medaglia che Paola e le sue sorelle ci avrebbero voluto regalare.

Paola Ogechi Egonu è una “nuova italiana” come lo sarebbero quegli 800.000 ragazzi se solo fosse stata approvata la legge di cittadinanza (lo ius soli e culturae). Una legge sacrificata dalla politica per mancanza di coraggio da un lato e per paura di un’avanzata dei sovranisti. Una scelta che,insieme, ad altre non ha portato fortuna al Partito Democratico. Una scelta che ha relegato molti ragazzi, che oggi potrebbero essere dei “nuovi italiani” come la Egonu, senza dover attendere la maggiore età o il riconoscimento di cittadini italiani ai loro genitori.

Oggi LEU, prima firmataria Laura Boldrini ci riprova presentando una nuova proposta di legge sullo Ius soli. E’ un modo per contrastare il vento sovranista del “prima gli italiani” ed anche per dimostrare che anche se minoranza, se si ritiene che certe idee siano giuste, queste idee devono essere portate avanti, a prescindere.

Quante Paola Egonu potrebbero esserci tra quegli 800.000 “nuovi italiani”, ragazzi e ragazze stranieri che frequentano le nostre scuole che vivono insieme ai nostri figli e nipoti. Lo vediamo ogni giorno anche qui a Palestrina dove vivono e lavorano 2.416 stranieri (pari all’11% dei residenti che al 1 gennaio 2018 risultavano 21.872), i cui figli frequentano le nostre scuole e contribuiscono in parte a coprire quell’inverno demografico che sta colpendo il nostro paese.   Stranieri in maggioranza provenienti da paesi Europei (82%, con il 63% di romeni), seguono Africa (9%) Asia (5%) America (4%).

Se confrontiamo poi italiani e stranieri fino a 24 anni, rileviamo che la popolazione straniera di Palestrina ha un numero di giovani (30%) più alto rispetto a quella italiana (24%). E le altre classi di età come si distribuiscono?

Da 25 a 65 anni gli italiani sono il 55% e gli stranieri il 67%, mentre oltre i 65 abbiamo il 21% italiani e appena un 2% di stranieri.

Cosa ci dicono questi dati? Che in linea con la tendenza generale della popolazione italiana mentre gli italiani invecchiano gli stranieri apportano nuovi giovani che potranno essere il futuro di questo come di tanti altri paesi. Ma le persone non sono solo numeri, dietro di loro ci sono bisogni, aspettative che chi governa la cosa pubblica deve tenere presente. In una parola al multiculturalismo occorre rispondere con politiche di integrazione se non vogliamo far diventare i nostri territori, periferici rispetto alla grande città, delle banlieues cariche di problemi che prima o dopo potrebbero esplodere.

Roberto Papa

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