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A proposito di fascismo e altre smemoratezze

Per un giorno all’anno il 25 aprile nelle piazze d’Italia ascoltiamo roboanti, quanto vuoti discorsi, fatti da improbabili storici con la fascia tricolore, parlarci di Resistenza, antisemitismo, lager, partigiani, lotta ai fascismi, e soprattutto democrazia.

Una volta poi ripiegati stendardi e bandiere tutto ritorna ad essere come il giorno prima. Un’Italia attraversata da problemi economici, disoccupazione, povertà vecchie e nuove, immigrazione. Poi come dal cappello di un mago viene fuori la proposta di legge Fiano che vuol colpire chi fa propaganda fascista, nelle forme di un fascismo da operetta, dal saluto romano, alla sfilata di virile prestanza.

Le condotte penalmente rilevanti sono individuate (art. 293 bis):

  1. nella propaganda di immagini o contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco ovvero delle relative ideologie, anche solo mediante la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni che raffigurino persone, immagini o simboli chiaramente riferiti a tali partiti o ideologie;
  2. nel richiamare pubblicamente la simbologia o la gestualità del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco ovvero delle relative ideologie.

E l’Italia vacanziera e un po’ distratta si allarma e si divide, mentre si cerca di far passare il decreto banche, una legge suoi nuovi voucher, una “nuova” politica migratoria. Sui giornali dotte discussioni tra esperti, sui social si scimmiotta lo storico di turno. Poi compare il solito provocatore, con l’aggravante di essere un “rappresentante” del popolo che se la prende con la circoncisione, simbolo identitario ebraico. E allora ecco tutti pronti a difendere, giustamente, il presentatore della legge, che nei lager nazifascisti ha visto sterminata la sua famiglia, e a cui va tutta la nostra solidarietà.

Ma cosa nasconde questa improvvisa alzata di scudi sotto un improbabile risorgente “fascismo” nella sua forma storica, quella per intenderci che va dal 1922 al 1945?

Un paese che ha paura cerca in chi gli parla di sicurezza, di valori identitari (la italianità, contro lo ius soli), di muri contro i “diversi” siano profughi o rom una difesa della propria identità che, a torto o a ragione, pensa che solo la destra nelle sue varie declinazioni può garantirgli.

L’Italia ha da sempre un problema irrisolto che si chiama “defascistizzazione”, con la sua storia passata (il fascismo) e recente: gli anni del terrorismo e dei tentati colpi di stato.

Dopo il 1945 l’Italia non ha saputo fare i conti, in termini storici prima, e poi politico e sociali con un regime e le sue propaggini in epoca repubblicana, che per oltre vent’anni ha innervato con la sua ideologia tutti i gangli vitali della società, non esclusa la chiesa cattolica, e ancora di più non ha saputo superare, o lo ha fatto con grave ritardo e difficoltà, il corpus giuridico e legislativo che quel regime aveva messo in piedi (dal codice Rocco, al diritto di famiglia, ai diritti dei lavoratori, ma anche alla presenza nelle file della magistratura e della polizia e della pubblica amministrazione di personaggi compromessi con il regime. Un nome per tutti: il questore di Milano Guida). Chi ha vissuto negli anni sessanta e settanta conosce bene termini quali infiltrati, depistaggi, strategia della tensione, tentativi di golpe, ecc.

E ancora oggi non c’è piena consapevolezza di cosa si muove nel profondo della società: mafia capitale con la commistione criminale tra personaggi di destra e di sinistra.

Nelle ultime elezioni amministrative, che più interpretano gli umori del popolo, abbiamo visto “vincere” una destra dalle molteplici facce: quella sovranista, nazionalista, populista, contro le tasse, no migranti, antiparlamentare, antiereuropea, ma anche quella dichiaratamente fascista.

Sigle come Casa Pound (sono loro a definirsi “fascisti del terzo millennio”), Lealtà Azione, Fasci Italiani fanno ormai parte del panorama socio-politico italiano. E certamente non sarà la legge Fiano a impedirgli di fare politica. Perché anche se dismettessero fraseologia, simboli e comportamenti “fascisti” il loro radicamento nel sociale rimarrebbe, anche perché vanno ad occupare spazi che la sinistra, per fortuna non tutta, ha abbandonato (dai territori ai luoghi di lavoro, dai migranti – aiutiamoli a casa loro, non possiamo accogliere tutti – alle vecchie e nuove povertà), preferendo spesso i territori più lucrosi della finanza e delle lobby economiche.

Ma soprattutto quello che oggi è venuto meno a sinistra è l’identità e la cultura che un tempo si coltivava attraverso lo strumento del partito. Ormai dire partito è come richiamare un fardello anziché un luogo di trasmissione di saperi, bisogni e, perché no, anche di sogni e utopie.

Oggi abbiamo organizzazioni ed elettori (non più militanti) stretti attorno ad un leader, e sui territori, dove quella destra “fascista”, che tanto fa paura, ha presa, abbiamo un deserto valoriale e identitario che se lasciato libero diviene facile preda di chi invece ancora crede che fare politica è essere “comunità”. Troppo poco si studia e si riflette su quel periodo chiamato dieciannovismo che dette origine ai fasci di combattimento!

La “proposta Fiano” ha il sapore di un’arma di distrazione di massa: la parola “fascismo” fa scattare subito un tifo da stadio “identitario” (e i social in questo ne sono una prova) e se non ti schieri apertamente sei subito tacciato di “intesa con il nemico”.

Se Costituzione (1948), legge Scelba (1952), legge Mancino (1993) non sono riusciti nel corso di questi decenni democratici a scardinare una mentalità e una cultura fascista, al di la di simboli e comportamenti, (per la strage di Brescia la sentenza giudiziaria è arrivata dopo 43 anni, aspettiamo di conoscere ancora la verità giudiziaria, quella politica è evidente, sulle altre stragi a partire a Piazza Fontana) vuol dire che c’è stato un deficit di cultura democratica che solo lo studio della storia, soprattutto quella contemporanea, e di educazione civica sanno dare (non certo ricerche su internet dubbie e ascientifiche). Perché, come ha scritto lo storico Marc Bloch nel 1949, “la storia mal compresa potrebbe, se non vi si pone attenzione, finire con il trascinare nel proprio discredito la storia meglio intesa”.

Per concludere sorridendo. E poi se passa la “proposta Fiano” rischiamo di veder chiuso un locale ad Artena che si chiama “Il Federale” dove tra un “risotto alla buonanima” e crostini “Figli della lupa” potrete ammirare busti di Mussolini, sue celebri frasi, cimeli dell’epoca e gustare un buon “vino nero”……..perchè quello rosso è “esiliato”.

E se la storia fosse andata diversamente? io rischierei l’accusa di apologia di comunismo (cinese) avendo in casa il “libretto rosso” del “Grande Timoniere” Mao Tse Tung.

Roberto Papa

 

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