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Ancora due settimane ed a Colle di Fuori, la ridente frazione di Rocca Priora, esploderà in tutta la sua grandezza quello che da molti è considerato l’appuntamento al quale non bisogna mancare. E quest’anno c’è un motivo in più! Non occorre oltrepassare i confini della regione per trovare il prestigioso fungo. Il clima, infatti, ha voluto dare una mano all’Associazione Pietro Pericoli che potrà sfruttare il bosco generoso che si può trovare ancora da queste parti. Una macchia di verde nello stupendo Parco dei Castelli Romani. Siamo lieti di pubblicare uno scritto che ci è stato inviato dal Presidente Bruno Vauperi nel quale è descritto magnificamente, con un linguaggio semplice, il verde che circonda Colle di Fuori. Un verde che per i loro antenati era l’unica fonte di sostentamento per dei contadini costretti a lavorare le terre dei signori per pochi soldi.

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IL BOSCO GENEROSO

Il bosco non solo ci dava il “ciocco” di Natale le “tacchie” grosse scaglie balzate via dall’accetta che abbatteva il tronco per la segheria le “scorze” le frasche i narcisi le viole che ogni bambino ne poteva raccogliere mazzi a volontà, ombra e frescura ma in autunno con le foglie cadevano le dolci castagne e tutto il villaggio frugava la terra, il fruscio si rincorreva di albero in albero, le castagne lucide come il sole facevano capolino dal loro lettino pungente altre cadevano nude tra le foglie secche senza farsi male, era il pasto dell’inverno per le persone per i maiali.

Le donne di Colle erano maestre nel conservarle e cucinarle: una grata di canne “l’incannucciata” sopra il focolaio che andava da un lato all’altro della capanna le seccava, battute e mondate erano le mosciarelle! Ma non come quelle dei negozi cittadini che lessate non sanno di niente e la loro acqua è amara le “mosciarelle” di Colle erano saporite e l’ acqua era una bibita dolce di castagna. Una buttata nel forno a sfornatura di pane ed ecco le “infornate” di color cioccolato dal sapore di marron-glacés. Le “urole” –caldarroste- e ogni porta di capanna era come un angolo di strada cittadina dove il cardarrostaro si rannicchia e la gente assapora l’ore passando. E poi i “vallani” –lesse- che si farinavano ad ogni morso.

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Nel bosco con le castagne si raccoglievano i funghi le “manicciole” –ditola- per la loro forma di mano erano abbarbicate ai tronchi, le “velocce” –ovuli- si aprivano tra le radiche, i “valluzzi” –galletti- stretti l’uno all’altro come tanti bambini impauriti nel bosco nero, i porcini con i loro grandi ombrelli spuntavano dall’ humus delle foglie secche, se ne coglievano a canestri, anche da fuori venivano a raccogliere i frutti del bosco ma noi di Colle ne eravamo i padroni.

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I capranicotti controllavano la commestibilità dei funghi usando dei metodi empirici, che essi ritenevano abbastanza sicuri, questi erano quelli usati all’epoca a Colle di Fuori per controllare i funghi:

Mamma cucinava i funghi guardinga, con uno spicchio di aglio un cucchiaino d’argento e il primo boccone la sera era del gatto e prima di darli a noi li assaggiava lei di buon mattino. Papà ci mostrava nel vocabolario Melsi la pagina a colori dei funghi velenosi ma io non l’incotrai mai, la vita intorno a noi era sana in tutta la sua esplosione.

Scatenatevi con le vostre foto:

Amici di Colle di Fuori, come abbiamo fatto con la Sagra del Giglietto e il Palio di Palestrina, anche per il fungo porcino vogliamo proporvi un’hashtag:  #pazziperiporcini. Scatenatevi con i vostri Selfie!.

A Palestrina con il Giglietto siamo arrivati a 100 scatti. Fate vedere che voi non siete da meno!

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