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Intervista alla scrittrice Ilaria Tuti: “La prima storia che ho scritto è stata a puntate. La scrittura si evolve…”

La giovane e talentuosa scrittrice, Ilaria Tuti, ha presentato il suo primo romanzo Fiori sopra l’inferno edito da Longanesi. Davanti ad una folta cornice di pubblico, intervistata come di consueto da Ezio Tamilia, l’autrice ha raccontato la sua prima esperienza editoriale, che sta trovando un importante gradimento di pubblico (il libro è al terzo posto tra i volumi di narrativa più venduti della prima settimana di febbraio).

Una storia che racchiude il giallo, l’indagine, la curiosità e che pone grande attenzione alla sfera umana e psicologica. Punto chiave di questa narrazione è il personaggio di Teresa, ispirato da una persona che la scrittrice ha conosciuto e poi trasfigurata e calata nella narrazione. Una donna forte, piena di doti, che si trova ad investigare su casi tutt’altro che semplici, ben al di fuori dalla canonica impostazione giallistica. Senza svelare troppo della trama, anche per lasciare ai lettori il gusto della scoperta di un romanzo ben scritto, Ilaria Tuti ha raccontato molto della sua esperienza letteraria. Al margine della presentazione di Fiori sopra l’inferno, edito da Longanesi, abbiamo chiesto ad Ilaria Tuti qualcosa in più sia in merito alla sua tecnica di scrittura, sia nello specifico sul suo primo romanzo. Molto interessanti le risposte, che hanno approfondito diversi aspetti, aumentando l’interesse alla lettura di questo primo thriller.

Ilaria Tuti, il primo romanzo sta avendo un ottimo successo, sia in termini di pubblico che di critica. Avendo accennato molto al modus operandi (scrivere scalette, appunti, idee), puoi raccontarci in breve quanto tempo hai impiegato nella stesura del testo e che tipo di genesi ha avuto l’opera?

Ho impiegato diversi mesi per delineare la scaletta e scriverla. Credo almeno cinque, dopo averne cestinate due di cui non ero soddisfatta. La scrittura vera e propria del romanzo è stata invece un flusso naturale e veloce, che è durato circa tre mesi. Le mie scalette sono molto dettagliate, spesso riportano capitoli quasi completi, quindi mi agevolano molto nel lavoro di stesura finale.

La scelta del titolo rientra in quei “flash” che uno scrittore ha, componendo e pensando ad uno scritto, oppure hai deciso come intitolarlo a lavoro terminato?

Avevo scelto un titolo diverso per il romanzo, ma non ne ero soddisfatta. Suonava molto horror. Era “La culla numero 39”. L’idea di Fiori sopra l’inferno è nata a romanzo ultimato, da una chiacchierata con il mio editor e con il direttore editoriale di Longanesi. A loro piaceva molto l’haiku che avevo inserito in esergo e mi hanno proposto di riportarlo in qualche modo nel titolo. L’ho trovato perfetto per la storia, finalmente ero soddisfatta.

Teresa è un personaggio che ti sei figurata traendo ispirazione da una persona della vita reale. Questa persona come ha reagito all’uscita di Fiori sopra l’inferno con Longanesi?

La persona a cui mi sono ispirata – per il viso di Teresa e per la sua forza e determinazione – è reale, ma non la conosco di persona. Un giorno sono venuta a conoscenza della sua storia di donna eccezionale e da allora l’ho avuta sempre nel cuore. Chissà, forse un giorno leggerà il romanzo e forse si rivedrà in certi tratti (ma non nel carattere spigoloso di Teresa!).

Uno dei punti più interessanti toccati dal dibattito è stato quello del binomio arte e lettere. Quanto la pittura si distingue dalla letteratura, come modo di esprimersi, e in quale ti riconosci maggiormente, visto che hai dichiarato di aver immesso anche una buona dose di arte nella scrittura tramite l’attenzione ai colori?

La pittura per me è stato un modo per raccontare storie, tanto quanto la scrittura. La tecnica dell’olio su tela è lenta, richiede giorni di attesa per l’asciugatura di ogni strato, è complessa e a volte anche faticosa. Insegna la pazienza e la dedizione a un risultato finale che a volte si vede dopo settimane, se non mesi. Per la scrittura è lo stesso, forse è solo un mezzo più immediato. A volte le parole sgorgano in modo impetuoso, riempiono pagine come fiumi, ma per arrivare al punto finale servono comunque mesi, nell’ipotesi più fortunata. Oggi mi trovo più a mio agio con le parole che con i pennelli, ma continuo ad amare anche la pittura.

Sei molto giovane ma hai davanti una prospettiva importante dal punto di vista letterario. Quando è stata, invece, la prima volta che hai scritto qualcosa – anche rimasta inedita – e sei stata convinta che quel testo potesse incontrare il favore del pubblico e soddisfare te stessa come autrice?

Non ti contraddico, ma grazie per il “molto giovane”! La prima storia che ho scritto è stata “a puntate”. Avrò avuto più o meno nove anni. I miei genitori mi avevano regalato un diario segreto. Non lo usai mai per annotarci i miei pensieri. Era molto più divertente scriverci le avventure del mio primo personaggio: Sofia, una bimba della mia età. Non ho idea di che fine abbia fatto quel diario. Peccato. Per arrivare invece a un testo scritto per gli altri, e solo non per il mio divertimento, sono dovuta arrivare all’età adulta. Credo si tratti di un racconto fantasy, molto gotico, che riposa inedito tra decine, forse ormai un centinaio, di altri file. Non so se rileggendolo mi soddisferebbe come autrice: la scrittura evolve continuamente e quello che ho scritto oggi potrebbe sembrarmi inadatto domani (anzi, è molto probabile).

Hai citato Donato Carrisi tra i tuoi ‘favoriti’, ma se ti chiedessi di indicare tre nomi della letteratura italiana del Novecento (di qualsiasi genere) che ritieni dei “maestri” e che consiglieresti di leggere, quali indicheresti?

Primo Levi, in assoluto il mio preferito. Alda Merini e Italo Calvino.

Rocco Della Corte 

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