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Riceviamo e pubblichiamo

“lo studio del nostro passato così come la comprensione del nostro presente, rappresentano le coordinate indispensabili di quel laboratorio di storia e di memoria generativa in cui quotidianamente siamo immersi nella nostra scuola. Lo scopo, o per meglio dire la prospettiva didattica, è quella di sviluppare nei nostri ragazzi il senso di appartenenza critica e consapevole ad una comunità sociale che rifiuti ogni forma di violenza e di razzismo e che creda nei valori dell’umanità, della pace e dell’integrazione sociale. Incontrare l’orrore della Shoah, e di tutti gli altri genocidi del ‘900, per trasmettere, conoscere, conservare il passato come antidoto alla dimensione dell’oblio e comprendere quindi un passato che dell’esclusione aveva fatto la sua mortifera bandiera, significa favorire l’integrazione e l’empatia tra le varie etnie e sistemi culturali di un mondo di cui siamo cittadini attivi, perché “ciò che è stato” non sia cancellato e perché il futuro sia e resti senza ombre.

Premesso questo vengo subito al punto: il suo grido di allarme nei confronti di un presunto complotto giudaico all’interno della scuola nella quale sono orgogliosa di lavorare da oltre sei anni, non è soltanto obsoleto, ridicolo ed offensivo piuttosto costituisce per noi docenti, poi cittadini ed infine esseri umani, motivo di preoccupazione profonda. Deve sapere, caro anonimo “per ovvie ragioni” ma ovvie soltanto a Lei (era infatti dato costitutivo delle orrende dittature che hanno partorito il Nazifascismo considerare più sicuro l’anonimato per esprimere dissenso) che la banalità del Male purtroppo comincia dove inizia a germogliare quella mania classificatoria che tende a stabilire una graduatoria di merito fra le vittime di orrori che non hanno bisogno di esegeti tanto superficiali come Lei, né tantomeno di impavidi paladini e complottisti come Lei ritiene noi docenti.

La storia è semplicemente un fatto, caro genitore anonimo, o meglio un insieme di fatti, sotto gli occhi di tutti e con tragica evidenza. Nelle nostre aule noi educhiamo al rispetto, alla consapevolezza, all’autonomia di pensiero e alla comprensione dei fatti storici nella loro totalità, nessuno escluso e, mi creda, lo facciamo senza faziosità perché la Storia dialoga con il presente sempre attraverso fonti vivissime e inconfutabili. Nessun bisogno, dunque, di gridare al complotto, di denunciare la costrizione di poveri alunni segregati il pomeriggio in aule grigie e disadorne a leggere “autori ebrei”, di povere anime da anni costrette a visitare campi di sterminio nazisti contro la loro volontà… Niente di tutto questo, perché “Dimenticare è impossibile, comprendere è necessario”: questo insegna un uomo dalla corporatura esile, occhialetti da chimico e sguardo che buca l’anima: si chiamava Primo Levi, chimico ebreo e scrittore del lager, testimone fra i più sconvolgenti della catastrofe immane della Shoah.

Certo, caro anonimo genitore, un po’ però debbo darle ragione, opere e pensieri di ebrei i nostri ragazzi, segregati ogni mattina dalle 8 alle 14, ne leggono parecchi: li conduciamo infatti noi, ogni giorno, per mano e con passione infinita, a sognare le anime perse nei blu di Marc Chagall, a misurarsi con l’infinito insieme a Albert Einstein, Marx Born e Max Plank, ad entrare nella grazia fervida d’intelletto di Walter Benjamin e Joseph Roth, a dominare gli incubi di Franz Kafka, a disvelare i segreti dell’inconscio con S. Freud, a viaggiare nell’umanità sconfinata di Carlo Levi, Leone Ginzburg, Giorgio Bassani, Italo Svevo, Umberto Saba. Sì, egregio genitore anonimo, li conduciamo verso la libertà di pensiero, verso la stella danzante della Memoria ma quella di tutti, fatta di pietre che fanno malissimo, acuminate e spesso contagiose, come i tanti nomi andati in fumo solo settant’anni fa nella follia e nell’orrore: che poi uomini siano passati aus der camin o gettati in una grotta carsica o in fondo ad un burrone per noi non fa differenza: la Memoria è di tutti e per tutti, sempre e ovunque.

Due insegnanti anonimi, ma facilmente riconoscibili leggendo la brochure del Progetto Memoria della nostra scuola Tibullo di Zagarolo.”

 

 

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