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UNA VOLTA AL GOVERNO, NEL 2018, I CINQUE STELLE SI ERANO IMPEGNATI A FARE LE RIFORME – NON SONO STATE FATTE – DI MAIO, UNO DEI FONDATORI DEL MOVIMENTO, HA LASCIATO IL SUO PARTITO PRIMA DELLA CADUTA DEL GOVERNO DRAGHI – SI VA ALLE URNE – SÌ, MA PER VOTARE CHI? – O MANDARE TUTTI A QUEL PAESE QUESTA VOLTA? –
Il 2018 avevamo una speranza: forze nuove, provenienti da idee innovative, come quella di aprire il Parlamento come una scatola di sardine, annunciavano un futuro ricco di nuove prospettive e di radicali cambiamenti. Di questi l’Italia ne aveva e ne ha un estremo bisogno, Sono anni e anni che segna il passo e che sogna ere migliori. Ora stiamo entrando in un’ era di fuoco nel vero senso della parola. La terra, infatti, sta bruciando, mentre i deserti avanzano a grandi passi. E come se questo non bastasse, Putin continua a far piovere bombe e missili sull’ Ucraina. Il neo zar e la sua corte hanno esultato alla notizia delle dimissioni di Johnson prima e di Draghi dopo, come se fossero loro le cause dell’ invasione e dell’ assedio di uno stato libero e sovrano.
Ritorniamo alla storia di ciò che è successo dopo le politiche del 2018. È stato formato un governo costituito da 5 Stelle e Lega, presieduto da uno sconosciuto fin allora premier, Giuseppe Conte. Le cose da fare erano tante e difficili e per di più aggravate dall”esplosione di una inaspettata pandemia. Conte, Di Maio e Salvini, i moschettieri del momento, non ce l’hanno fatta. I tre non hanno retto per molto, hanno mollato perché anime diverse, culture diverse, intenti diversi. Conte e Di Maio, senza più Salvini, hanno costituito un governo giallo-rosso, cioè formato da Grillini e dal PD. Nonostante l’ ammirevole impegno di Capitan Conte, la neo compagine governativa è naufragata.
Il corsaro responsabile è stato Matteo Renzi.
A questo punto, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, visto lo stato di necessità, ha chiesto e ottenuto la collaborazione delle forze politiche, per superare l’empasse. Fatta eccezione di FdI, tutte le altre forze si sono unite, approvando il governo Draghi.
Bingo! Mossa azzeccata.
Draghi si è rivelato subito un leader apprezzato a livello europeo e mondiale. L’Italia è riemersa, ha ripreso il ruolo di grande protagonista nella UE.
Dopo 18 mesi, però, nel bel mezzo di una sorprendente ripresa, fine della storia bella. Per qualcuno non era, però, così bella. Siamo ricaduti nel baratro da cui cerchiamo di uscire ormai da anni. Esattamente dalla caduta del muro di Berlino nel 1989, dalla crisi profonda dei partiti storici, PCI E DC. Questi partiti sono riusciti a sopravvivere, dando vita a nuove formazioni e schieramenti . Ma che cosa c’ era, ormai, più da salvare? Quando una storia è finita è finita.
La nostra storia, comunque, continua, perché anche Capitan Draghi è stato impallinato. Il buon Mattarella ha dovuto fischiare la fine di una partita ormai non più controllabile. Si va ai rigori, cioè alle elezioni e poi in un periodo infelice, come quello dell’estate, in cui gli Italiani sono in dolce vacanza. Per l’ennesima volta non caveremo un ragno dal buco.
I partiti si stanno dando da fare, creando aree larghe e alleanze a tutto spiano. Si rifanno il look. Gli elettori sono disorientati e dispersi. Molti sono quelli che ricorrono al vaffa, infischiandosene di urne e di votazioni. Noi, al contrario, , rimetteremmo Draghi al suo posto e senza più accoliti intorno. Tutto questo per la durata di sei mesi e non per semplici affari correnti. Poi, voteremo e con giuste leggi elettorali. Chi le approverà? Come? Putin una guerra mondiale l’ ha scatenata da solo e il nostro condottiero non può emanare una legge, che metta ordine in questo contorto sistema elettorale? Facciamo qualcosa di serio. Qualche volta.
Pino Pompilio

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