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La maturità 2022 ha chiuso i battenti.
È finito l’ennesimo teatrino, anzi la 99ma replica dello stesso copione. Dobbiamo risalire al filosofo Giovanni Gentile, a riforme fasciste, per capire come è cambiato il sistema. Nel tempo nessun radicale cambiamento. Solo toppe su toppe ne hanno fatto un’arlecchinata. Finora non si è visto chi ha avuto l’ardire di farla finita con queste recite a soggetto senza fine. Ministri della P. I. e relativi governi sono vissuti di rendita del passato.
Questa è la terza edizione della maturità dall’inizio della pandemia. Nel 20 e nel 21 non ci sono stati gli scritti. L’ esame è consistito nella sola prova orale. Quest’anno si è sfidato la pandemia, si è voluto ripristinare la prassi antecedente il 2020. Il covid non ancora è stato vinto. Si incattivisce sempre di più con le sue furbesche varianti, che lo fanno sopravvivere a vaccini e a tutte le misure cautelari. Non è proprio il caso di abbassare la guardia. Eppure lo si è fatto. I contagi sono cresciuti all’ impazzata, come pure i ricoveri in terapie intensive e i decessi.
Molte Commissioni sono state costrette a ricorrere a sessioni suppletive, per recuperare candidati colpiti da covid e impossibilitati perché in quarantena.
Dopo tante attese, agitazioni, paure, ansie, tremori e tensioni da parte degli studenti, i quadri finali hanno visto condanne piuttosto rare. I dichiarati non maturi sono praticamente diventati come mosche bianche. Quasi tutti gli esaminati ce l’hanno fatta, per farne, poi, che cosa del cosiddetto attestato di maturità non si sa. Le università, infatti, per accettare nuove iscrizioni sottopongono gli aspiranti a test d’ingresso. Per i concorsi, se non sei ferrato nelle discipline richieste, il voto della maturità non conta un bel nulla. Il diploma è ridotto ad una semplice formalità. Non qualifica l’ uomo, né lo abilita ad alcuna professione, né gli consente di intraprendere carriere importanti.
Un grandioso rito finale, tuttavia, ci dev’essere a coronamento di un ciclo di studi e di una seria e meticolosa preparazione nei vari indirizzi di specializzazione. Il neo diplomato deve essere autorizzato al prosieguo degli studi universitari o all’ esercizio della specifica professione in cui ci si è formati, senza alcun condizionamento.
Chi non va cambia corso, cerchi altre soluzioni. I docenti dei vari percorsi devono essere gli unici giudici abilitati a decidere il destino di ciascuno studente e non all’ultimo momento, come avviene adesso. Le riforme devono farle quelli che sono in campo, non vanesi burocrati al di fuori di ogni realtà. Siamo seri, per favore.
Pino Pompilio

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