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Palestrina-OspedaleCOMUNICATO STAMPA ASL RMG: In merito alla situazione degli stabilimenti ospedalieri Coniugi Bernardini di Palestrina e Leopoldo Parodi Delfino di Colleferro, in riferimento alle notizie diffuse a mezzo stampa da associazioni locali e politici regionali, l’Asl Roma G precisa quanto segue.

Nello Stabilimento Ospedaliero di Palestrina:
– Le sale parto sono due con annessa sala operatoria dedicata all’ostetricia in modo esclusivo;
– Le sale operatorie dello stabilimento, sono due, oltre a quella dedicata alla ginecologia, una per l’elezione ed una per l’urgenza attiva h24;
– Per quanto riguarda la gestione del sangue, è presente, come da norma, e come già presso l’Ospedale di Colleferro, una frigo emoteca, dotata di tre sacche di zero negativo per eventuali emergenze; l’unico centro trasfusionale aziendale ha sede presso l’ospedale di Tivoli come previsto negli appositi DCA Regionali dedicati;
– La presenza del cardiologo è assicurata dalle otto alle venti, ed è presente anche la guardia anestesiologica h24;
– La Terapia Intensiva Neonatale non è presente come non lo era presso lo stabilimento ospedaliero di Colleferro, d’altra parte la rianimazione a Colleferro è presente da soli due mesi;
– La navetta finora è stata presente fino alle ore sedici e con una seconda navetta reperibile h24, tuttavia con nota della Direzione Sanitaria Aziendale anche la prima navetta sarà attiva h24;
– Per quanto riguarda le attrezzature consta che anche prima dell’accorpamento l’Ostetricia di Palestrina è sempre stata dotata di tutte le attrezzature in quanto negli ultimi anni ha effettuato più di seicento parti l’anno;
– Consta, altresì, che l’Ostetricia dell’ospedale di Palestrina ha sempre affrontato ed affronta con scienza e coscienza tutte le emergenze ostetrico-ginecologiche;
– Riguardo ad alcune difficoltà si ricorda che Palestrina così come era Colleferro è punto nascita di primo livello in quanto nella RomaG il secondo livello ha sempre avuto sede solamente presso lo stabilimento ospedaliero di Tivoli, sede di DEA di I livello;
– Per quanto riguarda il numero dei parti si evidenzia che dal sei luglio c.a., decorrenza dell’accorpamento, al trentuno luglio c.a., sono stati effettuati in estrema sicurezza 71 parti con un trend sicuramente in crescita con una notevole diminuzione dei tagli cesarei primari.

E’ doveroso, infine, precisare che le esternazioni e le opinioni personali del Direttore Sanitario dello Stabilimento, peraltro non richieste e non autorizzate, in quanto espresse in violazione degli obblighi comportamentali, non costituiscono manifestazione di volontà dell’Azienda che ha proceduto, nello stabilimento di Palestrina come negli altri aziendali, in piena conformità con le indicazioni e le strategie organizzative sancite dai provvedimenti regionali.

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Il 6 luglio scorso si è realizzato, dopo anni di preparazione, l’accorpamento del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Colleferro con quello dell’ospedale di Palestrina.

La questione ha suscitato non poche polemiche da più parti, quasi come fosse una cosa improvvisa e imposta alla popolazione senza possibilità di appello, mentre, invece, se ne parlava già da mesi e mesi, almeno dal 2014, quando, cioè, è stato approvato dalla giunta Cacciotti il piano definitivo di riorganizzazione della rete ospedaliera.

Ancora prima del 2014, però, questa riorganizzazione era stata presentata per la prima volta nel 2010 dalla Regione Lazio, all’epoca guidata da un governo di centro destra (Renata Polverini) come anche la città di Colleferro.

Quindi la proposta dell’accorpamento è nota da almeno 5 anni!

Ci domandiamo, allora, perché ora tutte queste polemiche? Perché la “possibile” utenza di Collefferro non ha fatto nulla quando era ancora in tempo per evitare l’accorpamento? Possibile lo scriviamo tra virgolette perché in questi anni i numeri hanno dimostrato che l’ospedale di Colleferro, per il reparto di ostetricia e ginecologia, è stato disertato da molta di questa utenza, che, evidentemente, ha scelto altri lidi per far nascere i propri figli. Adesso, improvvisamente, tutti vorrebbero tornare lì, probabilmente strumentalizzati da chi di questa vicenda sta facendo la propria campagna elettorale.

decimo giorno di presidio davanti l'Ospedale di Colleferro

L’effetto più deleterio di questa campagna mediatica è che, purtroppo, chi si sente discriminato (dai pazienti ai dipendenti trasferiti – di cui molti su richiesta) non si sofferma a ragionare sui benefici che questo accorpamento ha portato rendendo ufficiale una situazione che già preesisteva sebbene non palesata. Io stessa ho constatato, nelle due volte che sono stata ospite di quel reparto a Palestrina, qualche anno fa, come la maggior parte delle mie compagne di avventura provenissero da Alatri, Paliano, Colleferro, Latina etc etc.

Persone che avevano scelto liberamente di  essere seguite e curate (non parlo solo di nascite ma anche di altri tipi di interventi) dall’equipe di Palestrina, già famosa per l’eccellenza delle sue prestazioni e per l’alta professionalità del personale. Non che quello di Colleferro fosse da meno, ma, probabilmente, una diversa organizzazione ospedaliera, un diverso impiego di mezzi e risorse non ha messo in evidenza quell’eccellenza, dando più spazio ad altre (come terapia intensiva, che a Palestrina non c’è, ad esempio).

Chi si sente discriminato, invece, dovrebbe cercare, per lo meno, di essere obiettivo e guardare le cose da più punti di vista. Chi si sente discriminato dovrebbe innanzi tutto pensare che il problema non è nato per volontà dell’ospedale di Palestrina, né per quella del suo personale, che, ora, si trova ad affrontare un lavoro triplicato con le stesse risorse e forze di prima e, nonostante le difficoltà di adattamento, riesce a farlo con la stessa qualità e disponibilità di sempre… anzi, forse di più.la vigilia della 6° notte in tenda davanti l'Ospedale di ColleferroSi dovrebbe considerare, infatti, che i posti letto al reparto di Ostetricia e Ginecologia di Palestrina sono sempre quelli di prima, cioè 14. Le infermiere sono sempre le stesse (sono stati trasferiti soltanto ostetrici e medici) ma l’utenza è aumentata e la gestione dei pazienti a livello logistico è diventata più problematica, eppure il livello di disponibilità e cortesia, nonché di professionalità, è tale da non far pesare eventuali disagi sulle persone che si rivolgono a questo reparto.

Nessuno si sofferma a pensare come sia possibile che il reparto funzioni ancora come una perfetta macchina (sebbene in alcuni sporadici momenti possa capitare l’ingolfamento, subito risolto), nonostante il fatto che i posti letto sono pochi rispetto alla reale necessità, ma se si facesse il personale preposto a questo servizio sarebbe soltanto da encomiare.

Inevitabilmente i cambiamenti comportano delle difficoltà, spesso i benefici si vedono a lungo termine, quello che ci lascia un po’ perplessi è perché con tutti questi anni a disposizione non si è pensato a potenziare la capacità ricettiva del reparto in questione, proprio in previsione dell’accorpamento? Perché si continua a fare le cose al contrario (come costruire le case prima delle fognature, ad esempio) nonostante più persone ci mettano le mani?

Come scrive un medico esacerbato dalla cattiva gestione della Sanità: “La libertà di avere coraggio, manifestarlo e agire. Siamo noi tutti Operatori Sanitari a sopperire la cattiva aziendalizzazione della Salute. La buona salute non è demagogia e solo fiato di bocca: fare salute prima e rivedere i conti dopo. Senza buona salute si aggravia il lavoro, l’economia e la famiglia”.

Chi si sente discriminato provasse a considerare anche questo prima di prendersela con chi pensa soltanto a fare il proprio lavoro in ogni caso. Rivolgersi con livore al personale dell’ospedale, come se fossero stati loro a volere questa situazione, non serve a nulla, bisogna andare a monte, arrivare a chi ha permesso che si arrivasse ad una soluzione senza considerarne gli effetti.

L’ideale sarebbe sempre restare umani… e chiedere a gran voce a chi ci governa di ricordare che le tasse che paghiamo sono quelle che permettono loro di avere uno stipendio che molti di noi possono solo sognare, di ricordare che vengono pagati per rendere migliore la nostra vita, e non solo la loro.

A proposito… si continua a tagliare sulla sanità, ma non sulle armi! E noi, invece di prendercela con chi subisce come noi, lavora e paga le tasse come noi, dovremmo usare la stessa rabbia e lo stesso livore contro chi crea i presupposti per una guerra tra poveri.

Gioia Cafaro

 

 

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