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Argentina, classe 1961, nata in una famiglia di musicisti, attori teatrali e pittori in cui di certo gli stimoli non mancavano, Giglia Acquaviva ha sentito sin dalla più tenera età l’esigenza di esprimere il proprio splendido e delicato mondo interiore con modalità diverse, passando con estrema grazia e disinvoltura dai tasti di un pianoforte ai tratti di un pennello sulla tela.

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Dopo gli studi di musica, la passione per il jazz, la composizione e l’elaborazione di una tecnica pittorica nuova, personale ed originalissima, Giglia si è stabilita in Italia dal 2003 e più di recente nella nostra area, dove ha trovato nuove fonti di ispirazione e perfezionato quelle abilità che la rendono “artista” in tutte le possibili accezioni della parola, nonchè un autentico concentrato di talento sorprendentemente poliedrico.

Noi de “La Notizia” abbiamo voluto incontrarla, per conoscere meglio l’attività ed i progetti di una persona tanto straordinaria.

La tua formazione artistica è stata eclettica e ha avuto come oggetto tanto la musica quanto le arti figurative. Ma attualmente ti senti più musicista o più pittrice?

“Credo sia la domanda più difficile a cui rispondere… sebbene come professione io svolga quella di pittrice full time, tuttavia vivo e amo la musica allo stesso modo…poi non le sento come due cose diverse. Mi piacerebbe risponderti <<entrambe>>.”

 Qual è la principale fonte di ispirazione delle tue opere?

“La principale fonte di ispirazione per me è la Bellezza in tutte le sue forme, nella natura, nell’ arte di tutti i tempi. Non finisco mai di sorprendermi davanti alle forme dell’ universo, di un piccolo sasso, di fronte al movimento dell’ acqua, del fuoco… e poi tutte le creature, ogni linguaggio, la filosofia…Ma in concreto sono attratta soprattutto dalla produzione di artisti di tutti i tempi, specialmente delle epoche estreme della storia: l’arte primitiva e l’arte moderna.”

Nella realizzazione delle tue opere utilizzi una tecnica che tu stessa hai inventato e che prevede l’impiego di materiali e strumenti non convenzionali come acrilico misto a sabbia, tubi, spugne e spazzole. Quali sono le sensazioni che vuoi trasmettere e le impressioni che vuoi ispirare in chi osserva le tue opere?

“La scelta dei materiali è stata frutto di una ricerca. Mi sono avvicinata all’arte dopo essermi laureata in Musica, volevo giocare con i materiali alla mano, senza regole accademiche che conoscevo piuttosto bene (per via della mia formazione musicale).

Mi sono concessa il permesso di giocare, creare e lasciare andare l’ intuizione che già da tempo voleva esprimersi in libertà. Quel permesso è stata la chiave della mia vita. Piano piano ho rafforzato la fiducia nella mia intuizione ed ho imparato a rispettarla.

I materiali scelti, per rispondere alla tua domanda, non erano altro che qualcosa che non avevo mai visto fare a nessun altro, quindi cominciando potevo creare le mie proprie regole. Il cuoio, la pelle, erano materiali a portata di mano in Argentina. Materiali di magnifici colori e tessiture… mi parlavano!! Volevo comporre qualcosa ma non ero brava a disegnare e mi sentivo inutile in quel senso, quindi cercavo disegni da copiare. Un disegno mi portò ad un altro e così via. Cominciai copiando l’arte orientale primitiva, poi quella greca, egiziana, naif, poi piano piano mi sono avvicinata ai grandi maestri del’arte moderna: Picasso, Gauguin, Magritte, Escher… e per anni copiai tantissime delle loro opere…. ma invece di realizzarle con la loro tecnica, le  traducevo secondo la mia, incastrando pezzi di cuoio di diversi colori…il risultato era caldo, sereno… amavo quel materiale.

Ogni incastro di pelle veniva rifinito con dei cordoncini, per coprire le imperfezioni e rialzare la linea principale della composizione. Ecco il punto principale,  l’ultima parte del lavoro era quella più importante: il disegno in rilievo, il tratto in primo piano,  che serviva a contrastare con i bellissimi colori macchiati del cuoio.

Quella prima esperienza di “gioco” diventò subito il mio lavoro, grazie al quale imparavo ogni giorno. Per quindici anni senza interruzione ho riprodotto centinaia di opere, molto grandi e impegnative. E poi arrivò il momento di mettermi alla prova … avevo perso la paura di disegnare ( copiare mi aveva insegnato tanto…) e mi sentivo spinta dalla voglia di creare i miei colori. Ma non volevo abbandonare il linguaggio estetico di miei arazzi. Bisognava trovare un percorso alternativo, nel quale il disegno conservasse il primo piano nella composizione.

Ricercando e giocando ancora, trovai che la sabbia era il materiale perfetto.

La sabbia, aggiunta all’ acrilico, usata per rafforzare il tratto, rende bella la superficie, continua ad essere un elemento naturale, ha dei bellissimi colori, è infinitamente resistente, dal colore nobile e…. ci siamo sposate!

E poi si trattava solo di provare e riprovare fino a trovare il modo di colorare riuscendo ad imitare le macchie di chiaro-scuro che ha proprio il cuoio.

Mi chiedi quali sono le sensazioni che voglio trasmettere… credo sia l’ Emozione Estetica, una bellissima caratteristica che abbiamo tutti noi, fonte di felicità e saggezza.”

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Quali sono le correnti artistiche ed i pittori che ti hanno maggiormente influenzata?

“In ogni periodo della storia succede qualcosa di speciale…Bisogna capire che la Storia dell’ Arte è la storia dell’ Umanità. Le correnti artistiche riflettono il modo di vivere, i potenti di turno, le credenze, ecc. Gli artisti hanno sempre cercato il modo di creare e campare… è non è stato mai facile. Chi viene pagato per un lavoro, deve accontentare il suo <<cliente>>, e chi non ha un <<cliente>>, deve conquistarlo…. in ogni periodo la sfida ha presentato delle difficoltà diverse. Quindi la Storia è quello che è stato il risultato alla fine, e poi quello che si è conservato e quello che è andato  perso…Apprezzo e rispetto ogni artista di ogni periodo… e abbraccio quelli che hanno dovuto creare un linguaggio proprio, quelli che contro ogni difficoltà hanno insistito con tutta la loro forza…. parlo di uomini come Gauguin, Picasso, Van Gogh, parlo degli uomini e donne delle caverne, parlo degli artisti anonimi dell’ Africa, degli Aztechi, dei Maya, degli Egiziani, di Guayasamin, Klimt, Ducmelic, Paul Klee,Camille Claudel…e parlo di infiniti artisti innati che abbiamo intorno a noi, con tutta la loro intuizione ancora viva: i bimbi di tutto il mondo.”

Quali differenze hai notato nella ricezione delle tue opere in Argentina ed In Italia?

“Tanto in Argentina quanto in Italia ho avuto un’ ottima ricezione. Ma a grandi linee, ogni Paese rappresenta un periodo molto diverso del mio percorso: in Argentina principalmente “copiavo” i grandi maestri” e si è verificato poi  il cambiamento verso la creazione dei miei propri lavori. In Italia sono entrata in pieno nello sviluppo della tecnica che ancora utilizzo, l’acrilico con la sabbia, e mi sono dedicata solo alle mie opere. Chiaramente questo periodo è molto più interessante e dice molto di più, è normale che alla fine sia l’ Italia il porto dove ho trovato una ricezione maggiore. Sarebbe una bella sfida riprovare nella mia terra. Ma devo dire che il popolo italiano porta nel suo DNA un rispetto per la  cultura, per la produzione artistica e per gli artisti che mi fa sentire proprio onorata di vivere qui.”

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 Oltre alla tua attività di pittrice, ti dedichi anche all’insegnamento della musica presso la scuola “Settenote” di Palestrina, coadiuvando Cristina Cerretani nel corso di Propedeutica Musicale rivolto a bambini di età compresa fra i 3 ed i 5 anni. Durante il corso, integri costantemente l’apprendimento musicale dei piccoli allievi con il disegno ed altre attività creative. Quali potenzialità pensi che l’arte, in tutte le sue forme, possa favorire e sviluppare nella primissima infanzia?

“Concepisco la nostra natura umana come essenzialmente artistica. Così come si definisce la specie umana con dei concetti come <<ragione>>, <<linguaggio>>, <<socialità>> ecc.,  io vorrei dare alla parola <<emozione estetica>> la stessa importanza. Siamo creature sensibili alla bellezza, abbiamo bisogno di vivere, capire, godere, riprodurre la bellezza che ci circonda, come un alimento per l’anima. La negazione di questo bisogno ha portato alla nostra società diversi tipi di infelicità, insoddisfazioni, tristezza e malattie. Non potrei mai immaginare una società senza artisti, una vita senza canzoni, senza paesaggi, senza libri, senza colori…

Appunto, i bambini sono particolarmente aperti a vivere la bellezza, e la capiscono moralmente come una virtù. Non hanno bisogno di spiegazioni, se una cosa è bella, per loro è di sicuro anche buona. Anche i grandi filosofi la pensavano così.

Crescere un bambino senza l’arte sarebbe come impedirgli di imparare una lingua, come non fargli vedere la luce, come non nutrirlo adeguatamente…”

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Nelle scuole italiane, nonostante la grande tradizione che vanta il nostro Paese, l’arte e la musica sono sempre state relegate al ruolo di materie secondarie. Accade lo stesso in Argentina? In che misura pensi che una maggiore attenzione all’insegnamento di tali discipline potrebbe giovare ai ragazzi?

“Tutto parte dalla società che vogliamo. In Argentina succede come in qualsiasi altro posto del mondo industrializzato, dove si preparano i bimbi e i ragazzi per una società basata sulla produzione industriale. Senza negare che l’ industria ha migliorato in tanti aspetti la nostra vita, bisogna però capire che non siamo solo produttori-consumatori. Siamo anche persone in mutamento, sensibili alle idee, alla gioia di vivere, alla creatività, all’esperienza. Nella concezione moderna dall’ Ottocento in poi, sono state create “categorie” di materie di prima e di seconda classe. Io non la penso così. La grande tradizione che vanta il vostro Paese è dovuta  ad un periodo in cui l’arte serviva per esprimere le idee trionfanti. Come deve essere stato bello vivere la gioia del Rinascimento, scoprire le nuove idee, credere alla forza umana in tutte le sue forme, sviluppare ogni scienza, ogni arte, ogni idea …..che periodo meraviglioso!!! Oggi godiamo del risultato di tutte quelle scoperte, ma siamo diventati uomini e donne con pochissimi stimoli artistici. Non siamo cambiati noi, ma è la società che abbiamo costruito.

Se si rivedesse l’arte come necessità vitale per la nostra esistenza, i primi a ringraziarci sarebbero i ragazzi. Loro cercano di farci capire, in ogni angolo della terra, la loro tristezza, la scarsa voglia di vivere, scegliendo la tossicodipendenza come un divertimento, mostrando un vuoto di valori e obiettivi.

Chi fa esperienza nel mondo dell’arte, la fa come fine a sè stessa. Al di là del successo, al di là del guadagno, l’esperienza estetica è un guadagno in sè stessa. Riempe il vuoto dell’ anima, apre la curiosità alla contemplazione dell’  Universo, lega i migliori sentimenti altrui, rafforza la personalità, rasserena la mente, risana il corpo.”

Pensi che in Italia attualmente si faccia abbastanza per tutelare l’arte e per promuovere gli artisti emergenti? Che tipo di interventi suggeriresti?

“Se devo scegliere un punto sul quale sono molto preoccupata, di tratta dei mezzi di comunicazione. Percepisco un’ appiattimento della cultura, una sottovalutazione del pubblico. Il popolo italiano ha una enorme cultura alle spalle, come ho detto prima, quasi inconsapevolmente. Ma la cultura va curata, trasmessa, vissuta, come si fa in cucina. Non una cultura libresca recitata a memoria, ma una insegnata e coltivata con le persone più care. Oggi la televisione ha invaso il nostro spazio di trasmissione della cultura. E non in modo efficace e positivo, quando invece potrebbe esserlo. La televisione sembra essere al servizio della stupidità, quando invece sarebbe uno strumento formidabile per conservare e potenziare ancora i secoli di sapere dell’Italia e delle sue radici. Per cui se devo rispondere alla tua domanda, direi che la maggior parte degli artisti non solo emergenti, sono sconosciuti al grande pubblico. Ingiustizia che potrebbe essere evitata con una programmazione televisiva diversa. Ci sono programmi che costituiscono delle eccezioni, fortunatamente. Ma sono una minoranza.

La televisione influisce su di noi al punto da definire in gran parte i nostri valori, i nostri sentimenti, il nostro modo di vincolarci con gli altri. Una cultura basata sulla banalità, il calcio, le scommesse, la moda superflua, non produce altro che indifferenza di fronte alle meraviglie dell’ architettura e della scultura irrimediabilmente rovinate dall’ umidità e  dalla scarsa manutenzione. Una cultura musicale di bassissimo livello armonico e melodico ci lascia impermeabili alle meraviglie composte da Verdi, Rossini o dagli stranieri che prendevano il gusto italiano come modello di perfezione.

Vorrei una società che chiama i migliori ad elaborare una strategia di comunicazione, con un linguaggio semplice ed educativo.”

Quando insegni musica ai bambini e li incoraggi a rappresentare su carta con i colori ciò che stanno ascoltando, quali sono le emozioni che ti preme di più riuscire a trasmettere?

” Desidero che loro imparino ad ascoltare sè stessi. Se si dà carta e colore a un bambino e gli si chiede solo di disegnare quello che sta ascoltando, in realtà si sta dicendo: << ascolta te stesso>> Chissà quanto è infinito il loro modo di ascoltare….” 

Vivere in Italia, a stretto contatto con il nostro immenso patrimonio artistico, ha influito in qualche misura sulle tue opere più recenti? Ti ha fatto sentire la necessità di cercare e sperimentare nuove tecniche e modalità espressive?

“Vivere in Italia è un grande privilegio. C’è da imparare in ogni angolo, in ogni piazza, in ogni palazzo. La vera cultura è dentro  ogni italiano, quella che, come dicevo, si ha nel DNA, si ha ma non se ne è consapevoli… in quella cultura sono nati grandi pensatori, poeti, scultori, pittori… pure la cultura gastronomica è di grandissimo valore. A tavola c’è sapienza, c’è la famiglia, la bellezza, l’agricoltura millenaria. Così come il cibo va amato, trasmesso e curato, così dovrebbe succedere lo stesso con la musica e tutte le arti.

Certamente molte delle mie ultime opere sono state ispirate dal patrimonio artistico italiano… per fortuna! Continua ad essere un forte stimolo. L’Italia parla delle persone che non si arrendevano davanti a nessuna sfida. Amo quelle persone, amo quel patrimonio.”

Quali sono attualmente i tuoi progetti? Hai in programma mostre, corsi o partecipazioni ad eventi?

“Il mio più grande progetto è di continuare a lavorare ogni giorno. Fortunatamente riesco a vivere con la mia arte, quindi le mostre, le fiere e gli eventi cui partecipo sono in continuazione. E’ solo da un anno che abito a Cave, Roma, quindi c’è ancora tantissimo da fare…E poi con la musica c’è una bella sfida in corso insieme a Cristina Cerretani. L’ esperienza di insegnare ai bambini di 3 -5 anni ci ha fatto capire quanto sia ancora da inventare. Ogni lezione va creata, pensata e vissuta come prima esperienza. I bambini di 3, 4 anni, conoscono poco o niente dei nostri codici linguistici. Magari se proponi: <<Suona due volte il tamburo>>, loro non sono così sicuri di cosa significa <<due>> e tantomeno <<tamburo>>. Va tutto insegnato, dimostrato, ascoltato. Il modo migliore di comunicare con loro è stato l’ associazione << suono – colore>>>, o <<suono – forma>>, oppure <<suono – movimento>>. Quindi va creato un nuovo linguaggio. E’ bellissimo lavorare con loro, meritano tutta la nostra pazienza e dedizione.”

Come convinceresti un giovane ad avvicinarsi all’arte ed alla musica?

“Lo lascerei davanti ad uno strumento musicale, permettendogli di giocare e gestire un suo spazio in libertà, stimolandolo ad imitare e creare e  a mettere in pratica una formula infallibile: <<osservare e ascoltare.>>”

Dunque una presenza preziosa per il nostro territorio, quella di un’artista come Giglia Acquaviva, un incentivo a valorizzare e sostenere il dinamismo culturale della nostra area, costantemente memori di quanto scriveva Gerhard Richter:

“L’arte è la forma più alta della speranza”.

Di Romina Russo

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