Sharing is caring!

13761604_turismo-di-qualit-0

Il trend ormai è sulla bocca di tutti. Il territorio dei Monti Prenestini comincia ad emergere turisticamente e soprattutto dal punto di vista enogastronomico. Ma il lavoro è appena iniziato e dinanzi c’è un un lungo cammino.

In un sistema turistico che vede la domanda sempre più attenta agli aspetti “esperienziali, la ricerca, di tipo qualitativo, tende a comprendere quali siano gli aspetti strategici dell’offerta enogastronomica locale, per lo sviluppo turistico del territorio.

Attenzione quindi a stravolgere le regole del gioco e a trasformare la “civiltà della tavola” in un business svincolato dall’ identità territoriale di cui prodotti, piatti, storie e cultura sono l’unica, vera, autentica espressione capace di creare attrazione turistica.

Il valore dell’enogastronomia passa trasversalmente tra le motivazioni, le soddisfazioni, le valutazioni del turista, oltre ad assumere sempre più carattere attrattivo di per sè.
Una valutazione effettiva del peso del richiamo può essere complessa. Da una parte si possono valutare i flussi legati alle produzioni tipiche e agli eventi specializzati, dall’altra indagare quale peso viene dato alla componente enogastronomica all’interno dei diversi ambiti di motivazione.
È un turismo che fa i conti con dimensioni del comportamento umano che vanno al di là di un mero consumo. Se è vero che, in generale, attraverso l’attività turistica avviene un consumo non solo fisico, ma anche simbolico del prodotto turistico e del suo spazio, per il turismo enogastronomico tale dimensione appare ancora più pressante. La dimensione esperienziale, che sta assumendo i contorni di elemento principe per i consumi in genere e per il turismo in particolare, raggiunge in questa motivazione valori molto alti.

Ma è forse l’unico settore che permette di “allungare” l’esperienza oltre la visita senza perdere l’autenticità. Il “viaggio enogastronomico” può continuare una volta rientrati al luogo di residenza, attraverso l’acquisto dei prodotti sperimentati sul territorio, la loro preparazione, i ristoranti specializzati.

Un sistema che può generare una economia sensibilmente più ampia del fatto turistico puro attraverso la vendita dei prodotti, i corsi o le pubblicazioni per la loro preparazione. Una “reason why” in grado di attirare il turista o di alimentare il commercio con un passaparola che non è fatto di vocaboli ma di sapori, fragranze, piaceri ed emozioni.
Enogastronomia e turismo sono due forme di ritualità, esperienze in momenti particolari. Non a caso alla base dello stesso turismo vi è l’uscire dall’ordinario, il viaggio opposto alla stasi. L’esperienza extra-ordinaria forma d’altronde l’essenza del turismo, seppure in un contesto ambivalente:

“Il turismo presenta oggi con il resto della <<nostra vita sociale>> una relazione di doppio scambio che lo rende difficilmente scindibile da essa. Da un lato essa ‘completa’ la quotidianità, aprendola almeno sul piano delle attese a tutto ciò che essa non è/non ha: l’imprevisto, l’altrove, la differenza, l’ignoto ecc. Dall’altro ad esso si chiede però di offrire tutto ciò secondo standard<<di servizio>> al di sotto dei quali non siamo disposti a scendere” (Galimberti in Puggelli/Gatti, 2004).

Così l’esperienza enogastronomica che tende a dare valore aggiunto di piacere ad un momento ripetuto e funzionale della quotidianità.
Il turismo enogastronomico propone un’ulteriore possibile lettura, coniugando l’esperienza straordinaria del fare turismo a un desiderio di ritorno alla disciplina della terra (e ai suoi prodotti, locali, tipici, autentici). Si uniscono così la dimensione dello svago e dall’altro con la ricerca di una radice antica e vera, la spensieratezza e la profondità.

DI Dario Pacifici

Comments

comments