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Torna in scena il teatro presso l’Auditorium di Palestrina con “Li promisi sposi” una parodia, ma non tanto, scritta, diretta ed interpretata dall’Associazione L’Allegra Brigata, in collaborazione con il Comitato Carnevale Prenestino e il Laboratorio Prenestino delle associazioni.

Si ripercorrono le vicende famosissime del romanzo originale del Manzoni, quale filo conduttore della commedia, però con l’aggiunta di un gioco teatrale che diventa – per assurdo reale – un guardarsi allo specchio dell’attore.

Un gioco di matrioske, o scatole cinesi che dir si voglia, nelle quali l’attore deve interpretare se stesso nel fare e diventare personaggio.

L’azzardo con il quale la “Compagnia amatoriale” dell’Allegra Brigata ha voluto cimentarsi è quello di giocare a carte scoperte con il pubblico mostrandogli (senza interagire con esso, naturalmente) in un ipotetico dietro le quinte: il percorso e le difficoltà; il lavoro e la costruzione; gli sforzi e le incomprensioni; l’interazione e la stanchezza; la riuscita e la soddisfazione che ogni persona/attore affronta nel mettere in scena il personaggio del suo spettacolo.

Un ardimento, che vuole essere anche un esperimento per la prima volta tentato dagli Allegri Briganti di questa associazione culturale, è quello di interpretare se stessi in un doppio ruolo faticosissimo con due pubblici addirittura come giudici: lo spettatore pagante che assiste alla messinscena e il doppio regista/autore de “Li promisi sposi” e cioè Manzoni (l’autore) e Canzoni (il regista) in scena in contemporanea a riprendere verbalmente i malcapitati attori.

Si ride o magari si sorride.

Si riscopre il valore di un classico.

Si riflette sul bene e sul male.

Si gioca e si canta (dal vivo, ancora un esperimento! Ma chi ce lo fa fare?).

Ma soprattutto si passa insieme una serata, le date sono:
venerdì 29 gennaio h. 21.00
sabato 30 gennaio h. 21.00
domenica 31 gennaio h. 18.30
sabato 6 febbraio h. 21.00
domenica 7 febbraio h. 18.30

Comunque, fra l’incertezza dominante della messinscena, una cosa è sicura e cioè che “questo matrimonio, co’ ‘sta Compagnia, chissà se s’ha da fare”.

Fabiana Bonanni

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